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Valle d’Aosta: nella regione piccola c’è il vino buono

Ristorante di mare Cavalluccio Marino - La cantina dei vini della Valle d'Aosta

I vini valdostani rappresentano un’eccellenza della produzione artigianale italiana. Poca terra, pochi grappoli, poche bottiglie per vini sartoriali che raccontano la storia di un popolo e della sua sfida quotidiana con le rocce, la neve, la pendenza. Scopriamo gli interpreti d’eccezione di questo territorio presenti nella Cantina Diapason del Cavalluccio Marino di Lampedusa.

La Valle d’Aosta è la più piccola regione d’Italia, letteralmente incastonata nell’arco alpino, al confine tra Francia e Svizzera. Una regione ricca di turismo, in inverno come in estate, ma al contempo difficile da abitare per le importanti sfide poste dalla sua geografia impervia e dal clima. Ma i valdostani da generazioni sanno come scendere a patti con la montagna e ricavarsi un po’ di spazio tra le rocce, anche per il vino: piccole produzioni artigianali pensate grappolo per grappolo, bottiglia per bottiglia. 

Per aspera ad astra

La storia della coltivazione della vite ha origini antiche in queste valli alpine, addirittura precedenti all’arrivo dei romani a cui si deve però lo sviluppo razionale di questa pratica. L’epoca napoleonica ha rappresentato il momento di massimo sviluppo della viticultura valdostana la quale ha poi iniziato un inesorabile declino dovuto non solo alla fillossera, ma anche all’avvento della ferrovia che facilitava l’importazione di vino dai paesi vicini e all’industrializzazione.

Nuovo impulso alla viticoltura si è avuto a partire dal secondo dopoguerra con la fondazione dell’École Pratique d’Agriculture, per anni sotto la guida del canonico Vaudan, figura chiave nella nascita del vino valdostano moderno. Vaudan fu, infatti, un vero e proprio visionario, capace di trasmettere a generazioni di studenti la sua passione per il territorio valdostano e le sue varietà autoctone, e fu convinto promotore dell’introduzione in campagna e in cantina di tecniche agricole all’avanguardia per la produzione di vini di alta qualità.

Vini valdostani a Lampedusa - Cantina Ristorante Cavalluccio Marino

Diamo i numeri

La Valle d’Aosta, con una superficie di 3200 km² – pari a un ottavo del vicino Piemonte – è la più piccola regione d’Italia e, inoltre, circondata com’è dalle quattro vette più alte dell’intero arco alpino e ricoperta da montagne per l’80% del suo territorio, la meno popolosa. La vita e tutte le sue attività in Valle d’Aosta si concentrano nella piccola porzione pedemontana e pianeggiante che corrisponde alla sua valle principale scavata da Ovest a Est dal corso della Dora Baltea, affluente di sinistra dal fiume Po.

Ed è proprio il corso della Dora Baltea a caratterizzare le zone vinicole valdostane che nella loro totalità si snodano lungo un percorso di appena 90 chilometri. I principali bacini idrografici del fiume suddividono, infatti, la vallata centrale in tre aree comunemente denominate bassa, media ed alta Valle d’Aosta a cui corrispondono diverse altimetrie dei vigneti partendo da una media di 400 metri in bassa valle fino ad arrivare oltre i 1000 nell’alta Valle d’Aosta dove risiedono alcune delle vigne più alte d’Europa. 

Vigne impervie, pochissima terra disponibile: il vino in Valle d’Aosta è letteralmente strappato alla montagna. Per dare un’idea, se la produzione del Prosecco DOC in Italia si aggira attorno ai 5 milioni di ettolitri annui per 24000 ettari vitati, in tutta la Valle d’Aosta si contano oggi appena 500 ettari vitati per una produzione annua di 200.000 ettolitri di vino. Bottiglie rare, frutto del sacrificio e della tecnica, generazione dopo generazione.

L’andret e l’envers

Pochi territori al mondo possono raccontare una storia di viticoltura eroica come la Valle d’Aosta dove ogni metro vitato è frutto di un delicato lavoro di recupero operato da generazioni di “vignerons”. Questo l’appellativo amato dai viticoltori artigiani valdostani, costretti dalla geografia del loro territorio a lavorare sui tipici terrazzamenti scavati a mano e sorretti da muretti a secco che da un lato impediscono al terreno di franare e dall’altro catturano la luce solare restituendone il calore durante la notte e permettendo alla vite di crescere anche in alta montagna. Filari stretti e bassi, organizzati per lo più nella forma della pergola bassa, per disperdere al minimo il calore del terreno e sopportare meglio le abbondanti nevicate invernali, che costringono i vignerons ad applicare solo lavorazioni manuali in vigna. Una vita fatta di compromessi per loro tra la poco terra, la tanta fatica e la volontà di ottenere un vino impeccabile. 

Sempre il corso della Dora Baltea definisce una seconda suddivisione all’interno della zona vitata valdostana: l’andret e l’envers. Il primo corrisponde alla sponda sinistra del fiume, quella più soleggiata, dove si concentra la maggior parte della produzione vinicola valdostana perché, l’ottima esposizione, garantisce il raggiungimento di piene maturazioni. L’altro versante, detto envers, corrisponde alla sponda naturalmente in ombra, dedicata alle varietà più precoci e alla produzione, in minima parte, di vini caratterizzati da una maggiore acidità e freschezza. Un versante sottosviluppato ma che, in futuro, potrebbe rivelarsi cruciale nella sfida, ormai prossima se non attuale, contro il cambiamento climatico che, con estati sempre più torride, sta mettendo a rischio la produzione all’andret. 

Cantina del Ristorante Cavalluccio: vini Anselmet

Maison Anselmet, vigneron dal XVI secolo

È del 1600 la prima traccia scritta di un membro della famiglia Anselmet, Antoine, alle prese con la compravendita di un vigneto nel piccolo comune di Introd. Si può dire che da quel giorno il legame degli Anselmet con il “fare vino” non si è mai interrotto, anzi di è rafforzato passando di mano in mano, di padre in figlio, fino a Giorgio Anselmet che oggi gestisce l’azienda insieme alla moglie Bruna e i figli Henri, Stephanie e Arline. 

Allievo del canonico Vaudan, Giorgio Anselmet ha proseguito nel percorso tracciato da suo padre Renato volto al superamento di una produzione di sussistenza in favore di una incentrata sul rigore tecnico, la cura estrema di ogni dettaglio, una produzione consapevole del potenziale del terroir valdostano e finalizzata alla sua massima espressione in bottiglia. Così oggi Maison Anselmet, facendo tesoro degli insegnamenti del passato, produce vino utilizzando tecniche agronomiche all’avanguardia, nel rispetto del paesaggio montano nel quale lavora e sperimentando, ad ogni annata, vinificazioni sempre più attente al fine di ottenere bottiglie in grado di competere con i grandi vini del panorama mondiale. 

Cresciuto a Torino, Giuseppe Costa ha potuto assaggiare fin da ragazzo le miglior etichette prodotte da questa elegante realtà familiare valdostana e, tornato nella sua Lampedusa, le ha portate con sé a riposare nella sua cantina Diapason al Cavalluccio Marino di Lampedusa.

L’etichetta che lo ha fatto innamorare? Senza dubbio Mains et cœur, uve Chardonnay in purezza da una singola vigna piantata nel 1989 vinificate fin dalla fermentazione in piccole botti di legno. Ed è proprio il rovere della barrique a fare da filo conduttore nella degustazione di questo vino impreziosendo di spezia il suo bouquet agrumato e fiorito e, al palato, arricchendo di morbidezza la sferzante mineralità del territorio d’alta montagna.

Ristorante di mare Cavalluccio Marino - La cantina dei vini della Valle d'Aosta

La crotta de Vegneron, quando l’unione fa la forza

Un’altra realtà valdostana molto amata da Giuseppe Costa e che potete trovare nella carta del vino del Cavalluccio Marino di Lampedusa è La Crotta di Vegneron. 

Non più un singolo produttore, bensì l’unione di oltre 50 piccole o piccolissime aziende della regione in una cooperativa che, partita nel 1980, oggi ha superato il traguardo delle 200.000 bottiglie prodotte. I soci della Crotta di Vegnerons amano definirsi ancora “campagnards” sottolineando il legame con le antiche pratiche di viticoltura eroiche tramandate loro da generazioni che oggi si integrano con le tecniche di lavorazione più moderne in una sinergia mirata all’esaltazione dell’eleganza del terroir valdostano. Un secondo fine, importantissimo, promosso dalla Cooperativa è il recupero di aree agricole abbandonate nel secondo dopoguerra garantendo la messa in sicurezza idrogeologica di questi versanti e restaurando l’antico splendore produttivo in tutta la Valle.

Un’etichetta in particolare ha catturato l’attenzione di Giuseppe Costa, l’Attente, Muscat in purezza ottenuto dalla raccolta manuale delle sole uve migliori provenienti dal comprensorio di Chambave, un vero manifesto aziendale della passione di tutti i soci Vegnerons. La vinificazione dell’Attente comincia in vasche d’acciaio per proseguire in un lungo affinamento “sur lies” sia in acciaio che in legno. Un metodo studiato alla perfezione per conservare i sentori aromatici primari al naso e integrarli a note ampie, strutturate, financo speziate durante l’assaggio. Un vino di armoniosa mineralità, premiato di anno in anno nelle principali competizioni di settore. Un vino che anche in piena estate, degustato al Cavalluccio Marino di Lampedusa, restituisce sempre l’armoniosa mineralità della montagna in cui nasce e racconta, con eleganza, la fatica eroica di chi lo ha prodotto su quei ripidi pendii. 

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