Di jazz caldo e vini freddi
“A qualcun piace caldo.” Così si riferiva al jazz Tony Curtis, nell’omonimo film del 1959 con Jack Lemon e Marilyn Monroe. Quello caldo appunto, istintivo, animalesco, prerogativa della gente di colore, in contrapposizione a quello freddo, quello dei bianchi, più tecnico magari, ma molto meno coinvolgente.
“Come il jazz può essere freddo e caldo, così anche i vini si possono dividere in freddi e caldi. O meglio, in vini bianchi tradizionali e in vini bianchi macerati.”
I parallelismi con il mondo della musica vengono spontanei quando a parlare di vino è Giuseppe Costa, titolare insieme alla moglie Giovanna Billeci del ristorante il Cavalluccio Marino di Lampedusa.
Diplomato al conservatorio di Torino, vino e musica sono le due grandi passioni di Giuseppe che ha voluto “accordare” nella sua unica e singolare cantina Diapason che custodisce le oltre 950 etichette disponibili nel suo ristorante. In particolare, un’intera sezione della carta dei vini del Cavalluccio Marino è dedicata proprio a questi vini “caldi”, i vini macerati siciliani.
Perché a qualcuno – più di uno – piace sicuramente macerato. Scopriamo insieme perché!
Cosa sono i vini macerati?
Per vino macerato s’intende il vino bianco ottenuto lasciando le bucce dell’uva bianca a contatto con il mosto per un lasso di tempo variabile, come nella vinificazione del vino rosso. Oggi di tendenza, i vini macerati nascondono una profonda radice ancestrale, legata agli usi e costumi contadini. Nessun viticoltore prima dell’avvento delle macchine in agricoltura era in grado di separare la buccia dal mosto: nell’approccio al vino macerato è giusto pensare che si sta bevendo l’antenato rurale dei vini bianchi convenzionali disponibili oggi sul mercato. Un gusto nuovo dall’animo antico.
Non chiarificati né filtrati, i macerati sono vini caldi appunto: vini ruvidi, con le loro espressive imperfezioni. A partire dal colore, che tende all’ambrato e può arrivare fino al mattone, tanto che in inglese ci si riferisce alla categoria con il termine di orange wine. E no, non è il vino fatto con le arance, anche se in Sicilia qualcuno potrebbe pensarci!
Anche il gusto ha poco da spartire con quello dei bianchi tradizionali. Le classiche note di fiori delicati e frutta fresca lasciano spazio alla frutta matura, al caramello, alle spezie e soprattutto al tannino. Questa sostanza è contenuta sulla buccia dell’uva, e così come avviene nella vinificazione in rosso, vien rilasciata nel mosto anche dalle uve a bacca bianca.
I macerati sono quindi vini più ricchi e sfaccettati dei loro corrispettivi senza buccia, a volte vini che nascondono qualche imprecisione, ma che – come le rughe d’espressione su un volto – ne scolpiscono l’unicità.
I grandi interpreti siciliani
I vini macerati sono vini dalla forte personalità, per questo Giuseppe ha voluto che la carta del Cavalluccio Marino li comprendesse tutti in una sezione dedicata. “Perché hanno una propria identità, sono unici nel loro genere. Inoltre, scegliendo di bere questo tipo di vini si sostiene il lavoro di piccoli artigiani del vino a cui è importante dare valore. Loro proteggono le varietà antiche, le tradizioni e i territori del vino siciliano.”
Tra i suoi preferiti i vini della cantina Aldo Viola, piccola realtà produttiva nell’entroterra di Alcamo. Figlio di agricoltori, Aldo parte giovane dalla Sicilia, alla ricerca di esperienze diverse in giro per l’Europa. Una volta tornato, prende in mano le scelte vitivinicole dell’azienda con l’idea chiara di voler condurre tutti i vigneti in biologico, ridurre l’utilizzo di solfiti e andare oltre i confini del vino siciliano fino ad allora conosciuto. Nascono così etichette fortemente rappresentativa dell’uomo che è Aldo, istrionico e anticonformista, e della sua terra, fertile e assolata.
Come il suo Krimiso, Catarratto in purezza vinificato con le sue bucce per oltre cinque mesi: una visione inedita di un grande autoctono siciliano che lascia esprimere in libertà l’acidità tipica del vitigno e la sua salinità marina insieme alle note di frutta e macchia mediterranea più tipicamente terziarie ed evolutive.
Insieme al suo grillo in purezza macerato Egesta, anche presente in carta al Cavalluccio Marino, queste due vinificazioni di Aldo lo rendono oggi uno dei più grandi interpreti della nuova scuola vitivinicola siciliana.
Grandi classici, nuove vesti
La macerazione ha il fascino di stravolgere le aspettative e lasciare spiazzati di fronte a gusti e sensazioni inedite. A contatto con le proprie bucce, il vino bianco di trasforma, evolve, trova in un certo senso una nuova dimensione che si esprime in una rinnovata persistenza e profondità. Perfetto l’esempio di un altro grande macerato siciliano, che smonta e rimonta l’idea convenzionale del vitigno più diffuso in Italia: il Trebbiano.
È il caso di “T” il Trebbiano macerato di Francesco Guccione, vignaiolo nella zona di Monreale, in provincia di Palermo.
Un vino molto caro a Francesco, ottenuto da uve provenienti da una vecchia vigna a tendone a 500 metri sul livello del mare: fresco e tenace, aspro e burroso al tempo stesso, ogni calice di “T” mostrerà un volto nuovo durante la degustazione. Inoltre, per Francesco non esiste una ricetta per vinificare il suo “T”, ma saranno di volta in volta le condizioni dell’annata ad indirizzare le sue scelte. Il momento giusto per la vendemia, i giorni della macerazione, la permanenza nelle botti di legno.
Panta rei, diceva Eraclito. Tutto scorre: come non si può mai bagnarsi due volte nello stesso fiume perché lui cambia e noi pure, così non si può bere due volte lo stesso vino di Guccione. Bisognerà sacrificarsi e stapparne una bottiglia ad ogni annata!
Piccoli macerati crescono
La passione per il vino che ha spinto Giuseppe Costa a creare, anno dopo anno, una carta del vino così ampia e ricca per il ristorante Cavalluccio Marino di Lampedusa, è anche il motore che lo porta ad assaggiare con curiosità i vini proposti da nuove realtà agricole e vitivinicole in Sicilia e non solo.
Una sosta al Cavalluccio Marino di Lampedusa per tutti gli appassionati di vino può trasformarsi, chiedendo consiglio a Giuseppe circa le novità in carta, in un’occasione unica per scoprire etichette ancora poco note e originali interpretazioni di vitigni e territori. È il caso della cantina Stanza Terrena, in contrada Santo Spirito, uno dei cru più vocati del versante nord dell’Etna.
Stanza Terrena è una piccola e nuova realtà produttiva caratterizzata da vini fortemente territoriali, a partire dai vitigni utilizzati, tutti i grandi autoctoni del vulcano come Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Carricante. Le vinificazioni sono sapienti e precise, mirate a esaltare le caratteristiche dell’uva.
Accanto a questi grandi autoctoni, ormai famosi nel mondo, merita un assaggio il loro Citrinitas macerato, proposto nell’annata 2021 in una tiratura limitatissima. Si tratta di Minnella in purezza, una varietà autoctona per lo più abbandonata sull’Etna, alla quale Stanza Terrena ha scelto invece di restituire dignità mediante una lunga sosta sulle bucce al fine di esaltarne le note aromatiche e minerali.
Lasciatevi sorprendere!