Patrimonio UNESCO dal 2013 per il suo valore naturalistico e culturale, il vulcano più alto d’Europa e uno dei più attivi al mondo: questo per tutti è l’Etna. Ma per i catanesi l’Etna è semplicemente ‘A Muntagna.
Sostantivo declinato al femminile, come si parlasse di una sorella, o meglio di una madre che da benevola guardiana può trasformarsi in potenza distruttiva coniugando in sé la dualità più significativa della vita, quella con la morte.
L’Etna, un suolo fertile e vulcanico tutto da scoprire
Condizioni pedoclimatiche uniche caratterizzano i versanti di terra nera dell’Etna, una montagna-madre fertile per chi lavora la terra quasi legato alle sue vesti lisce e scure. I frequenti eventi piroclastici che si verificano, infatti, rinnovano costantemente il suolo rendendolo ricco di sostanze nutritive, di sali, di metalli preziosi e marcandone così una spiccata mineralità, l’altitudine poi garantisce elevate escursioni termiche tra il giorno e la notte. Un microclima d’eccezione che per questo da oltre 300 anni favorisce la coltivazione della vite.
Un potenziale che non è certo passato inosservato alle grandi realtà vinicole di Sicilia, tra queste l’azienda Firriato i cui vini, provenienti da ben sette diversi impianti aziendali sparsi per l’isola, trovano ampio spazio nella carta di Giuseppe Costa al Cavalluccio Marino.
Firriato, dal trapanese una storia di successo e eccellenza, anche sull’Etna
Fondata da Salvatore di Gaetano e dalla moglie Vinzia Novara, l’azienda Firriato nasce alla fine degli anni ’70 e prende il nome dall’omonima contrada trapanese in cui si trova la sede primigenia della cantina. Da subito volta alla produzione d’eccellenza, annettendo via via al nucleo centrale altri territori d’eccezione locati nell’Ovest dell’isola, Firriato in pochi anni si è affermata come una delle realtà vitivinicole più importanti della Sicilia contribuendo alla fama del vino siciliano del mondo.
Nella ricerca di territori fortemente vocati, nei primi anni 90, Firriato acquista i primi ettari sul versante Nord dell’Etna accettando così la sfida lanciata dall’affascinante territorio etneo, quella di condurre viticoltura di montagna nel centro del Mediterraneo.
Tenuta Cavanera, rispetto per l’ambiente e costante sperimentazione
Oggi Tenuta Cavanera si traduce in un antico casale con due palmenti seicenteschi e 84 ettari vitati dislocati su 12 contrade tra Randazzo e Castiglione di Sicilia. Un paesaggio incantevole – fatto di vigneti terrazzati oppure appoggiati sui fianchi di antiche sciare di lava – che si estende dai 650 metri fino alla quota di 950 metri sul livello del mare
Ed è proprio qui che nell’ottobre 2021, Giuseppe e Giovanna scelgono di trascorrere un raro momento di pausa dal lavoro di accoglienza e ospitalità nel loro ristorante Cavalluccio Marino, spinti dalla curiosità di vedere dove nascessero i vini Firriato presenti da anni nella loro carta. Una gita fuori porta che si è rivelata occasione per toccare con mano la grande storia della cantina Firriato e scoprirne i valori cardine: il rispetto per l’ambiente e la costante sperimentazione.
Storia e ricerca sul vulcano: il vigneto prefillosserico
Esempio tangibile di questo approccio aziendale è la messa a dimora di un piccolo vigneto pre-filosserico da parte di Firriato: un progetto di recupero e valorizzazione del territorio etneo unico nel suo genere. Tutto ha inizio nel 2007 con il ritrovamento, in contrada Verzella, di alcune piante di varietà antiche sopravvissute all’epidemia di fillossera – scatenatasi attorno alla metà dell’800 – grazie all’elevata sabbiosità dei terreni vulcanici che non consentiva la propagazione del temibile afide.
In collaborazione con il CNR, sono state condotte analisi genetiche sul vigneto superstite, le quali hanno rivelato un’identità genetica unica custodita in quelle piante antichissime. Un patrimonio biologico, ma al contempo storico ed antropologico, che Firriato si è impegnato a tramandare ed infine ad imbottigliare nel suo Etna Riserva Signum Aetnae, fiore all’occhiello della produzione a Cavanera.
Varietà autoctone e carbon neutrality, la risposta di Firriato alle nuove sfide ambientali
Una storia di coraggio e sensibilità che ben incarna la “green attitude” dell’azienda Firriato cominciata nel 2010 con la certificazione biologica e che continua ancora oggi con un impegno quotidiano e concreto nella compensazione dei gas serra rilasciati durante il processo produttivo. Un impegno certificato nel 2019 con il titolo di CarbonNeutrality dal vigneto alla bottiglia, la prima azienda vitivinicola ad ottenerlo.
Le uve coltivate da Firriato a Cavanera sono quelle della tradizione etnea: Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio a bacca rossa e Carricante e Catarratto a bacca bianca. Le vinificazioni seguono quello che è l’approccio aziendale: da un lato il rispetto per la storia del territorio rappresentato dalle etichette dei migliori cru bianchi e rossi vinificati fermi, dall’altro l’anima avanguardista nella produzione di eccezionali bollicine metodo classico.
Tenuta Cavanera, dove Nerello e Carricante diventano frizzanti bollicine vulcaniche
Figli della tradizione francese, per molti anni si è pensato che gli spumanti di qualità potessero essere prodotti solo in territori freddi nei quali la maturazione fenolica dei grappoli stentasse ad essere raggiunta. A partire invece dalla fine dell’Ottocento, anche i vigneti posti sulle pendici dell’Etna hanno suscitato l’interesse di molti viticoltori per le caratteristiche simili a quelle dei cugini d’oltralpe. Firriato non è stato da meno e il successo della sua linea di Spumanti Metodo Classico Gaudensius è prova di un’intuizione vincente.
La prima etichetta Gaudensius è stata il Blanc de Noirs per il quale vengono impiegati solo grappoli Nerello Mascalese in purezza, vendemmiati in leggero anticipo, pressati in maniera diretta senza diraspatura per catturare tutte le caratteristiche organolettiche dell’uva in una bollicina raffinata, sottile, continua e persistente.
Una volta nel calice, Gaudensius Blanc de Noirs rivela la sua anima siciliana in un tocco d’agrume nel bouquet, la sua indole vulcanica invece esplode nella mineralità del sorso che ne allunga in maniera sorprendente la persistenza.
Negli anni poi, la famiglia Gaudensius si è allargata includendo un Blanc de Blancs da uve Carricante, un Rosè sempre da Nerello Mascalase. Ultimo nato, il fiore all’occhiello: Gaudensius Pas Dosè dove l’assenza del tradizionale dosage esalta le qualità organolettiche primarie del vitign ed il lungo affinamento di 48 mesi restituisce nel bicchiere un perlage denso e persistente, ricco di pasticceria e note evolutive complesse e avvolgenti.
Per fortuna, di ritorno dal loro viaggio a Cavanera, Giuseppe e Giovanna hanno fatto scorta di tutta la linea Gaudensius, tra cui alcune bottiglie difficili da trovare in Sicilia – molta produzione viene direttamente assegnata a grandi partner stranieri – ma custodite nella Cantina Diapason del Cavalluccio Marino per rendere unico, non solo speciale, il vostro soggiorno.