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Soave, le sfumature venete del bianco

C’è un territorio in Veneto dove il colore bianco rivela mille affascinanti sfumature: è la Soave DOC con il suo vitigno principe la Garganega.

La selezione di etichette della carta del vino del Cavalluccio Marino di Lampedusa è così ampia da raggiungere anche le provincie più lontane dalla Sicilia, ognuna imprescindibile nel racconto che Giuseppe Costa vuole fare del panorama enologico italiano. Una di queste piccole zone produttive è il comprensorio della Soave DOC, con il suo antico terroir vulcanico e il suo vitigno Garganega che sulle colline veronesi trova casa d’eccellenza. Vini bianchi, ma capaci di declinarsi in tante curiose sfumature.

Un vulcano, un borgo, un vino

La Soave DOC si trova esattamente a metà strada tra Verona e Vicenza. Per cominciare la scoperta di questo comprensorio non esiste modo migliore che una visita al piccolo borgo che ne ha dato il nome. Il centro storico di Soave è un gioiello medievale perfettamente conservato, a partire dalle mura ghibelline che lo circondano fino all’imponente Castello Scaligero che lo domina. Già villaggio in epoca romana, la fondazione del borgo si fa risalire all’epoca longobarda, e in particolare ad una tribù di Svevi che chiamati nell’italiano dell’epoca Suaves sarebbero anche all’origine del toponimo.

Lungo le strade che portano a Soave noterete la presenza di vigneti a perdita d’occhio, questo piccolo areale è infatti famoso per essere uno dei più densamente vitati d’Italia. I terreni presentano molte sfaccettature e sono suddivisi in quattro macroaree principali. La zona ad Est dei Monti Lessini è di franca origine vulcanica con terreni tufacei-basaltici coltivati fin dall’antichità per la loro elevata fertilità: questa è la zona storica del Soave capace di dare vita a vini di eccezionale complessità e longevità. L’eleganza è invece caratteristica saliente dei vini derivanti dalla sottozona della collina calcarea, nella zona occidentale della denominazione. Specularmente alla collina, anche in pianura si riconoscono una sottozona vulcanica e una calcarea.

Tale complessità geologica ha stimolato molto interesse tanto che Consorzio del Soave DOC ha avviato nel 2000 un progetto di zonazione che ha portato alla definizione di ben 33 cru. Per questo la degustazione dei vini di Soave può rivelarsi estremamente affascinante, come a dire che anche il colore bianco, assoluto e puro per eccellenza, può invece declinarsi in molte più sfumature gustative del previsto.

Garganega and co.

Il vitigno maggiormente utilizzato nella produzione del vino Soave è la Garganega. Come sempre rintracciare i genitori biologici delle uve può essere più complesso della trama di un giallo di Agatha Christie, ma non meno appassionante. Nel caso della Garganega l’origine etrusca sembra essere quasi certa vista la diffusione del suo allevamento a pergola, sistema più alto di quello greco e diffuso in tutto il Nord Italia proprio dagli Etruschi. Dal punto di vista genetico invece, a sorpresa, recenti studi hanno individuato come parente stretto di questa varietà il vitigno siciliano Grecanico, aprendo così la strada a nuove teorie sulla sua diffusione in Europa.

Tipico appellativo per la Garganega è quello di uva d’oro. Da un lato per il suo diffuso utilizzo per la produzione dei dorati vini dolci dei retici, ma certamente anche per il suo aspetto in pianta. La Garganega, infatti, ha una durata vegetativa molto lunga e giunge a piena maturazione solo a metà ottobre quando gli ultimi raggi di sole autunnale fanno brillare sulla sua spessa buccia bellissime sfumature dorate.

Raccolta a maturazione la Garganega non presenta una spiccata acidità, ma rivela il suo carattere in un delicato equilibrio di intensità e pienezza gustativa. Anche dal punto di vista aromatico quest’uva si distingue per delicatezza ed eleganza con le sue tipiche note di mandorla e fiori bianchi talvolta impreziosite da ricordi di frutta e di spezia, soprattutto la cannella e la ciliegia nei vini provenienti dalla zona storica del Soave grazie all’elevata concentrazione di benzonoidi (loro precursori aromatici) presente nei suoli vulcanici.

Da disciplinare i vini di Soave possono essere prodotti fino ad un 30% da altri vitigni a bacca bianca. Storicamente si tratta della varietà Trebbiano di Soave, conosciuto anche come Turbiana nella zona della Lugana, che nei vigneti più antichi del Soave, alcuni ultracentenari, si ritrova ancora piantato accanto ai filari di Garganega a testimonianza di un vino che veniva “costruito” in vigna ancora prima che in cantina. A partire dagli anni ’80 si è dato spazio anche a vitigni internazionali come Chardonnay e Pinot bianco, inaugurando una nuova chiave interpretativa del vino di Soave capace di avvicinarsi a testa alta ai migliori vini bianchi d’Europa.

La visione di Roberto Anselmi

Capita spesso che la fama di un vitigno e di un vino passi per un’interpretazione innovativa e “fuori dal coro” di chi conosce il territorio da sempre. È il caso dell’affascinante storia di Roberto Anselmi. Nipote d’arte, terminati gli studi in città, Roberto decise a metà degli anni ’70 di rientrare a casa e ricomprare i terreni che suo nonno era stato costretto a vendere a causa della guerra: di nuovo il vino Anselmi sarebbe stato prodotto con le uve di proprietà. Ad oggi la rivincita di Roberto si può dire più che compiuta, con 70 ettari distribuiti nelle zone più storiche e vocate del Soave.

Come ogni grande interprete Roberto non si è limitato a recuperare i vigneti, ma vi ha introdotto un diverso sistema di produzione, abbandonando la pergola e le elevate produzioni a favore dell’allevamento a Guyot, pochi grappoli per pianta, grande concentrazione di sapore e carattere. Inoltre, decise di scommettere su diversi vitigni internazionali ottenendo in cantina un vino di Soave unico ed inimitabile, strettamente personale e per questo – non senza una punta di provocazione – riportato in etichetta solo come Veneto IGT San Vincenzo. A volte la storia del vino prende pieghe inaspettate: uno dei più importanti vini di Soave che ha attivamente contribuito alla rivalutazione della nomea internazionale del territorio, non è un Vino Soave DOC.


Non resta che consigliarvi di scovare una delle bottiglie di San Vincenzo conservate nella cantina del Cavalluccio Marino di Lampedusa.
Un vino bianco di carattere e intensità, prodotto al 70% da Garganega e per il restante da Chardonnay e Sauvignon. Note fruttate generose ma mai eccessive che aprono un sorso sapido e minerale, vibrante di energia come i terreni vulcanici da cui proviene.

Un grande bianco capace di raccontare al mondo le qualità eccezionali di un territorio piccolo, ma entusiasmante. Un vino che è il racconto di un grande sapore italiano, ma anche dell’importanza del tornare sempre là dove stanno le proprie radici.