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Vini di Sicilia: il vino dello Stretto

Il lembo Nord orientale della Sicilia è terra di vini rossi delicati ed eleganti, racchiusi sotto il nome della poco nota denominazione Faro. Scopriamone la storia e qualche imperdibile produttore.

Sconosciuta a molti, la piccola denominazione siciliana Faro DOC si estende attorno alla provincia di Messina, nell’estremo nord orientale dell’isola, un crocevia naturale che divide il Mar Ionio a Est e il Mar Tirreno a Ovest. Per questo, se dovessimo trovare un soprannome per la denominazione Faro è senza dubbio quella di “Vino dei due mari”.

Mare che si sente fino nel bicchiere. Infatti, una forte impronta mediterranea, salata e rinfrescante caratterizza il sorso dei rossi leggeri, succosi e profumati che vanno sotto il nome di Faro DOC. Vini che, per la limitata estensione della DOC da cui provengono, hanno sempre conservato un certo fascino “di nicchia”, ma che rappresentano un tassello fondamentale del patrimonio enologico siciliano: impensabile non trovarli nella carta del vino del Ristorante Cavalluccio Marino di Lampedusa, figuriamoci non provarli!

Dai greci al vino di Shakespeare

Il territorio della denominazione Faro può vantare una tradizione millenaria nella coltivazione della vite. Come per altre zone della Sicilia, la viticoltura arrivò qui grazie ai Greci ed in particolare grazie alla popolazione dei Pharii che colonizzarono il territorio che oggi corrisponde grossomodo alla provincia di Messina. E proprio all’antica popolazione del Pharii si fa risalire il nome di Faro, anche se per altri l’etimologia di questa denominazione potrebbe invece risalire all’antico appellativo dello Stretto come Faro di Messina.

Vini prodotti fin dall’antichità, dunque, e che conobbero un eccezionale successo nel corso dei secoli tanto da solcare il Mediterraneo alla volta dell’Europa. Il Faro era conosciuto in Inghilterra come dimostra il fatto che il vino citato da Shakespeare nella sua tragicommedia “Molto rumore per nulla” fosse, molto probabilmente, proprio il Faro. Era conosciuto in Francia, dove furono a lungo esportati per “tagliare” ed irrobustire i vini di Borgogna e Bordeaux.

A cosa si deve questa fortuna? Un ruolo cruciale lo gioca, senz’altro, il microclima favorevole di questa parte della Sicilia, con i colli Peloritani, il mare e il gioco di venti provenienti da Ionio e Tirreno a creare umidità e forti escursioni termiche. Fondamentale però è anche la tradizione vitivinicola di quest’area, produttori che da sempre lavorano con cura ed accortezza, tramandando il loro sapere e la loro volontà di produrre vino di alta qualità.

Ristorante Vini di Sicilia - Faro - Vini dello stretto

Dal 1976, una DOC in rosso

Prima denominazione del messinese registrata già nel 1976 (quella del Mamertino è solo del 2004), la Faro DOC è caratterizzata dalla possibilità di vinificare solo varietà a bacca rossa. Alcune varietà sono tradizionali siciliane, altre invece, essendo questo tratto di Sicilia così tanto vicino al continente, arrivano proprio dalla Calabria, come il Gaglioppo, o da più lontano come il Sangiovese. Ecco di nuovo il carattere “tra i due mari” del vino Faro!

Per disciplinare però le uve siciliane devono avere un ruolo dominante (mai inferiore all’85%) e non mancano le cantine che scelgono di vinificarle in purezza, in particolare, l’uva più utilizzata per il Faro DOC è il Nerello Mascalese a cui spesso si accompagnano più piccole percentuali di Nerello Cappuccio. Per intenderci, esattamente lo stesso blend che ha fatto la fortuna dei rossi prodotti sulle pendici dell’Etna (conoscete i vini di Firriato a Cavanera? Leggetene qui.).

L’uva più antica inclusa nel disciplinare della Faro DOC è invece il vitigno Nocera, l’uva rossa che, secondo la testimonianza di molti testi storici, era la più diffusa nell’areale ai tempi dei romani. Oggi, invece, ne rimangono pochi ettari coltivati: cosa è successo? Il Nocera è rimasto vittima di una “doppia moda”, la prima quella internazionale che lo ha visto sfavorito rispetto a famosi vitigni come il Pinot Nero, il Cabernet o il Merlot. L’altra è una moda “interna” dovuta all’escalation di fama e di mercato compiuta dai vicini vini dell’Etna, prodotti come dicevamo dal Nerello Mascalese e Cappuccio, che così hanno via via soppiantato l’antico Nocera molto meno commerciale.

Agricola Palari, il portabandiera della Faro DOC

Se gli anni ’80 rappresentano un periodo di eccezionale benessere per l’Italia, lo stesso non può dirsi per il Faro DOC che proprio nella decade ‘70-‘80 conobbe il culmine del suo declino cominciato nel secondo dopoguerra. Chi ha continuato a produrre lo faceva su piccoli appezzamenti e destinava il vino al solo consumo domestico e familiare, con quella resilienza tipicamente siciliana. Tra loro, l’architetto Salvatore Geraci non fa eccezione, innamorato del vino di casa sua mai avrebbe pensato però di farne un mestiere fino ad un fortunato incontro.

Fu infatti il grande gastronomo e giornalista Luigi Veronelli a rivelare a Salvatore il potenziale del suo vino ed a esortarlo ad imbottigliarlo, mettendolo in contatto con l’enologo piemontese Donato Lanati. I terreni della famiglia di Salvatore si trovavano a Santo Stefano Briga, pochi ettari letteralmente a picco sul mare: un dislivello di 500 metri in appena 5 chilometri, pendii ripidi, terrazzamenti a pietra, antiche vigne tutte ad alberello, da sempre solo lavorazioni manuali. Caratteristiche così peculiari che convinsero Lanati a sposare subito il progetto: nasceva così Agricola Palari e il “rinascimento” della DOC Faro.

Oggi con i suoi sei ettari, Agricola Palari è una delle realtà più interessanti da visitare sul territorio messinese anche per la bellezza della villa settecentesca che la ospita. Tra i filari Nerello Mascalese e Cappuccio, ma anche il Nocera ed alcune varietà praticamente scomparse come l’Acitana e la Galatena. Una scelta coraggiosa che si riflette nel carattere intenso dei vini Palari, esperienza piena di quello che il territorio Faro ha dato e può dare.

Ristorante con cantina Vini di Sicilia

I giovani della Faro DOC

A partire dalla scommessa di Agricola Palari, il fascino della antica storia del messinese ha richiamato negli ultimi anni alcuni giovani realtà produttive a tornare ad investire sul nome Faro.

È il caso de Le Casematte, nata nel 2011 sulle prime colline di Messina, nei pressi di tre fortini risalenti alla Prima e Seconda Guerra Mondiale, da cui il curioso nome dell’azienda. Fondatore è il commercialista Gianfranco Sabbatino arrivato a Faro per occuparsi della liquidazione di un’azienda vinicola della quale però si innamora al punto da acquistarla dando vita al sogno che stava coltivando di diventare produttore di vino. Di lì a poco gli si affianca nel progetto anche l’amico e calciatore toscano Adrea Barzagli e l’azienda inizia a svilupparsi fino ai 14 ettari attuali. Il loro impegno li premia nel 2019 con l’arrivo dei 3 bicchieri assegnati dal Gambero Rosso al Faro DOC annata 2017, una bottiglia che non può mancare nella carta del vino del Cavalluccio Marino di Lampedusa.

Sempre a picco sullo Stretto di Messina si trova la piccola realtà Bonavita di Giovanni Scarfone. Appena tre ettari suddivisi in tre ripidi appezzamenti, vigne dai 10 agli 80 anni. La filosofia di Giovanni e della sua famiglia è chiara: essere interpreti di un territorio nel pieno rispetto della vigna dove non utilizzano alcuna sostanza chimica o di sintesi e manipolando il vino il meno possibile a partire dalla scelta di svolgere solo fermentazioni spontanee.

Una visione produttiva che si rispecchia nei vini di Bonavita che prediligono la leggerezza, la salinità, la beva e la freschezza. Ne è esempio il vino più rappresentativo dell’azienda, il Rosato, che trovate nella carta del Cavalluccio Marino di Lampedusa. Per produrre questo vino, il mosto delle tre uve tradizionali del Faro sosta una notte sulle bucce secondo la tecnica tipica dei cerasuoli. Ne risulta un rosato dal colore inteso, arricchito da una leggera trama tannica che va con maestria ad esaltare il frutto e il sale, i veri protagonisti nel bicchiere. Il Rosato di Bonavita è difficilmente definibile, per sua natura cangiante, anche di annata in annata. 

Passato e futuro insieme, il Faro che ci auguriamo di continuare a bere ancora per molti, molti anni.